L'epigramma a Stalin by Robert Littell

L'epigramma a Stalin by Robert Littell

autore:Robert Littell [Littell, Robert]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Fiction, General
ISBN: 9788834725672
Google: yNtlAwAAQBAJ
Amazon: B00H8176M4
editore: Fanucci Editore
pubblicato: 2014-02-03T23:00:00+00:00


10

Zinaida Zaitseva-Antonova, lunedì, 20 maggio 1934

L’ultima cosa che mi aspettavo era una ricompensa, ma è risaputo che gli Organi trattano i collaboratori con generosità, ed è sottinteso che questo è uno dei modi in cui incoraggiano la collaborazione. Quindi non posso dire che rimasi sorpresa quando, una sera, un agente della Ceka mi bloccò in camerino dopo le prove e disse: «Siamo ansiosi di mostrarle la nostra gratitudine per la sua lealtà nei confronti di Stalin e della Rivoluzione. Non capita tutti i giorni che qualcuno consegni la prova di un tradimento scritta dal traditore in persona.» Dalla bocca dell’agente della Ceka uscirono diverse proposte. Un passaporto valido per l’espatrio e l’autorizzazione a visitare Parigi o Roma? Ruoli migliori in teatri più grandi? Una vacanza di un mese completamente spesata in uno di quegli alberghi di lusso sul Mar Nero frequentati dalla nomenklatura? Rivolsi al visitatore uno di quelli che Mandel’štam definiva i miei sguardi timidi. «Ho fatto solo il mio dovere di cittadina sovietica» dissi in modo schivo. «Non chiedo nulla.» L’agente della Ceka, un anziano gentiluomo che muoveva a malapena le labbra quando parlava, sorrise come se condividessimo un segreto. Diversi denti d’oro scintillarono di saliva sulla mascella inferiore. «C’è sicuramente qualche servizio che lo stato può offrirle per renderle la vita più semplice» insistette. Il suo tono mi fece capire che il mio continuo rifiuto poteva essere frainteso: poteva essere preso per un ripensamento sul fatto di aver collaborato fin dal principio. Pensavo davvero di non avere altra scelta se non di accettare. Ed è per questo che distolsi lo sguardo per l’imbarazzo e ammisi, con il tono rauco che gli attori usano sul palcoscenico quando vogliono trasmettere riluttanza: «Forse c’è una cosina.» E sollevai la questione delicata del rischio che correvo di perdere l’appartamento comunale di ventidue metri quadrati a breve distanza dall’Arbat e il permesso di soggiorno a Mosca se avessi divorziato da mio marito. Estrasse di tasca un blocchetto e si prese un appunto. «Proceda pure col divorzio» mi ordinò. «Lasci la faccenda dell’appartamento e del permesso di soggiorno nelle nostre mani.» Si alzò per andarsene. Lo accompagnai alla porta e gli porsi la mano. «Come posso ringraziarla?» chiesi. Stranamente, non mi strinse la mano. «Non c’è bisogno di ringraziarci» rispose. «Per gli Organi è motivo d’orgoglio occuparsi delle persone che lavorano per noi.» Le sue parole mi colsero alla sprovvista. Mi uscì di bocca una replica prima che mi rendessi conto di cosa stavo dicendo. «Non mi ero accorta di lavorare per voi.» Sorrise con indulgenza, come si farebbe con un bambino che ha detto qualcosa di volgare, e aggiunse: «Non crediamo nelle rappresentazioni uniche.»



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